16.12.2021

Oggi camminavo tra la gente e mi guardavo attorno, come cerco di fare meno da un po’ a questa parte, perché quel che vedo mi fa anche male.
Mi guardavo attorno e sotto ai piedi e nelle orecchie – anche se non c’era – avevo Terra degli uomini di Jovanotti. Un cappotto di malinconia sulle spalle e una sciarpa di sentire forte, a coprirmi il collo.
Mi guardavo attorno e a me – scusate – ancora non sembra vero quel che stiamo vivendo. Ho capito che non mi ci sarei mai abituata dopo i primi trenta – eterni – giorni.

Ho smesso di contare i giorni ma continua a contare il vostro viso, che per me, coperto, è un colpo fortissimo a una mia parte che forse non è neanche umana. Mi traballano le radici e vorrei soffiare un vento di pulizia e pace.

Spesso non ci penso, ma mi chiedo dove si rintanino tutti gli “ormai” “io mi sono abituato” “non ci faccio più caso”: perché vorrei guardarli negli occhi per sapere se è vero. È vero? Non lo so: forse io vorrei solo gridare CONTINUA A FARCI CASO, INVECE! e sussurrare in silenzio: ti prego.
Ma me ne sto buona, con il petto che pesa e prometto a chi ha più luce che non mi abituo. Ché mi sembra avere un significato differente pure quella frase di Darwin “Sopravvive la specie più adatta al cambiamento” che se anche è esatta, vorrei ora poter dire la mia. Quale cambiamento?
E dico solo a chi ha il cuore grande e un po’ malconcio: sopravvivete sensibili, a questi tempi bui.

Così. Immaginatemi come un grande orso polare che si alza e si scrolla di dosso il freddo. Vedete così queste mie parole. Come una pioggia ghiacciata e sciolta di malinconia tutt’intorno; di una malinconia che arriva da troppo lontano per aver percorso solo trent’anni.

Gloria Momoli