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Mi capita di pensare, un po’ per gioco, d’essere nata negli anni sbagliati.
Mi commuove profondamente la gentilezza delle canzoni d’amore degli anni passati, in contrapposizione alle molte che hanno fretta e sgarbo, di oggi. Trovo che le foto in bianco e nero, nella mancanza di colori, custodiscano maggior integrità e fierezza; mi piace sentire i racconti di quando si giocava in strade senza asfalto.
Fin da piccola non mi sono mai piaciute le rappresentazioni del futuro: senza terra, sterili, fredde, distaccate. “Io non ci voglio vivere lì” mi dicevo. Lo dico tutt’ora: mi manca il mondo solo a pensarci.
Alle grandi città preferisco i borghi, a un grattacielo il recupero di un palazzo antico, ai marciapiedi le stradine sterrate.
Mi piace vedere la terra sulla verdura che compro, doverla lavare via; invece di acquistare cose incellofanate, isolate e soffocate. Sentire il sapore integro di un cerale, lontano dall’assenza di quelli raffinati. Camminare nelle piazze con il cielo sopra la testa, non sotto ai soffitti di un centro commerciale.
Sono a disagio nella lontananza frettolosa dell’autostrada e mi consolo solo guardando la natura che abbiamo attraversato (senza poi chiedere il permesso).
Soffro se non posso aprire spesso una finestra e lasciar entrare aria, cielo e mondo.
Io non so dove andremo, ma so dove voglio restare: accanto, nel calore umano, e dentro la vita naturale.
Gloria Momoli