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Mi piacciono le cose veraci, un po’ aspre, dirette, senza orpelli.
Credo sia la naturale attrazione per l’opposto alla parte in me che sa di miele. E per il simile che dice verità.
Lontano da ciò che è stucchevole, dalle parole di superficie per sentimenti acerbi.
Come ai capelli dopo la piega: io preferisco quelli che san di sale dopo un bagno al mare.
Mi piacciono le parole scelte con attenzione, non di quelle che compri al centro commerciale; ma nelle bancarelle, di quel mercatino, in quel piccolo paese dove le cose son tipiche e vi abitano anziane signore a tener vivo il tempo in cui esisteva la noia.
Delle poesie con le frasi che devi rileggere per ritrovare tra i silenzi le sensazioni taciute, ma eccome se provate.
È per questo che alle vedute morbide nei quadri, ho sempre preferito i ritratti umani tra rughe e spigoli, a cercar l’anima.
Ai versi d’amore, quelli di dolore.
Perché quando si è innamorati è facile dire dell’incanto. E invece ci si dovrebbe cercare nei giorni di follia, in quelli di smarrimento, nell’ordinario, tra le scadenze, gli sbagli.
Non amarmi gli occhi che con quelli son bravi tutti. Amami i polpacci, la nuca, lo spazio tra il naso e le labbra, il mignolo della mano destra il martedì mattina.
E nelle torte non mettetelo più lo zucchero a velo, ve ne prego. Io voglio vedere l’onestà. Di quel che mangio, di quel che tu provi, di chi io amo.
Gloria Momoli