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Ho dato casa ai miei mostri, nella solitudine.

Ho incontrato il buio quando non potevo incontrare nessun altro. Non ho lasciato che abitassero la mia mente, il mio petto, i miei respiri: non ho lasciato io, hanno fatto da soli.
Per quanta luce accendessi dentro e fuori, per quanto sia l’impegno a tendere verso il sole, notti buie senza stelle mi hanno abitata e mi abitano. Paure, limiti, smarrimenti, sfiducia, stanchezza, controllo, fissazioni… potrei dare a questi mostri tanti nomi. Ma una parte – quella più luminosa, quella dove tutto ha un senso – mi dice: sono maestri, non mostri. Impara dal buio come impari dalla luce. Sono due poli necessari della stessa natura. Affonda le radici nel buio, tendi con i rami alla luce.

Non c’è saggezza di fronte al fiato che si fa corto, al peso al petto e ai pensieri piccoli, c’è la vita che insegna l’umiltà. C’è un tempo che ti fa toccare il fondo – terra – così tante volte che sembra di non farcela, e invece ce la fai ancora. Con la promessa silenziosa che lo farai tutte le volte che sarà necessario. Che guarderai quei mostri imparando a chiamarli maestri.

È il lavoro di una vita accorgersi che i limiti che vediamo fuori, sono i nostri e a noi spetta illuminarli, guarirli e amarli. A noi e a nessun altro. A noi per primi, se poi desideriamo lo facciano anche gli altri. A noi: che siamo gli altri.

Siamo qui per imparare. E quale maestro è tanto severo ma così accrescente come il buio? Anche il sole vi si inchina.

Gloria Momoli