25.08.2019
Mi capita di osservare, rispettosa, alcune dinamiche di coppia.
Ci osservo abituati a metterci alla prova, a punzecchiarci, a sfidarci, a infastidirci; a metterci reciprocamente di fronte al peggio per poter dire “Se sai stare di fronte a questo allora, solo allora, meriterai il mio meglio”. I figli – frutti – crescono con questi esempi, carichi dell’insoddifazione delle radici, e lo schema marcio si ripete e si impara come fosse verità.
Ecco perché molti dicono: preferisco stare sola, solo.
Ma stare soli non è la condizione della saggezza naturale, non è la condizione dell’amore.
Non c’è tempo per l’ego.
Non c’è tempo per il gioco del peggio.
L’amore è un’altra – sacra – cosa.
Cosa sarebbe se ci donassimo il meglio? Come sarebbe se ci abituassimo alla luce, invece che all’ombra costante? (Che poi la luce ha in sé l’ombra, quella vera, profondamente differente da quella che teniamo tanto ad ostentare. Quello è sempre e ancora ego).
Sai amarmi per la mia grandezza invece di esserne spaventato? Sai accettare l’amore puro senza condizioni e risposte? Sai nutrire la mia luce lasciandole la libertà di una fiamma selvaggia e non l’esausta cera di una fiammella fioca? Posso abbandonarmi senza timore?
Più resto in ascolto e più comprendo che amare non ha a che fare con il coraggio, ma con la resa.
Gloria Momoli