Kintsugi umano
Certo è che quando ti rompi in mille pezzi ti senti solo irrecuperabile, non un futuro kintsugi umano con l’oro tra le ferite.
Quando cadi e cadi e cadi e la tua rigidità non ti consente di mantenerti integro ma ti schianta a terra: sei solo esausto, spaventata, ferito, dolorante.
Forse è questo. Forse è necessario. Non tanto la bellezza dell’oro futuro ma il fremito che rimane in quei pezzi. La fallibilità che si trasforma in impeto, il limite oltrepassato che diventa opportunità: quella cantata vertigine che è voglia di volare.
Quindi non è l’oro, no. Non è quello che lucicca. È quello che da passato infranto si è fatto futuribile. È ciò che toccando terra tremante, si è raccolto e riunito con garbo e onestà.
La bellezza di quello che è, non la forzatura di ciò che dovrebbe essere com’era.
La luce di chi si infrange e in mille pezzi ricostruisce un’integrità che sa, che conosce la distruzione; che ha perso e che – per questo – ha vinto. Non bronzo, non argento, ma oro. Che non abbaglia, ma insegna.
Gloria Momoli