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Vorrei saper scrivere dell’oceano che abita in noi, esseri senza riparo. Che per quanto ci ritiriamo come la marea, dopo ferite o tradimenti, restiamo vasti a sentire il mondo con la spinta a tornare e imparare, in un moto ondoso di inesauribile fede. Anche quando nei momenti di difficoltà vorremmo richiamare tutto dentro, non riusciamo; e restano parti di noi randagie a vagare e sentire, lupi di sentimenti che ininterrottamente fiutano, riconoscono, ululano giustizia.
Vorrei dire dell’amore che abitiamo e che sentiamo risuonare lì fuori, tanto da farci sentire inadatti perché incontenibile. Tanto da farci stare in apnea perché se espiriamo ci dichiariamo e poi chi ci contiene più?
Con le nostre domande intense, i pianti di futuro e la dolce tenacia di continuare nel nostro cammino anche quando ci sentiamo inguaribili o sfiduciati.
 
Non siete soli, ricercatori del vero e del bello. Ricercatori del “niente di meno che”. Non siete invisibili o incompresi, amanti del buono.
Io vi vedo, io vi comprendo, io appartengo a voi.
 
Teniamoci a cuore, anche da distante. Teniamoci a cura.
 
Gloria Momoli