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Cammino di ritorno dalle bancarelle dei contandini, sono sotto l’ombra degli alberi e mi raggiunge un odore intenso. Quell’odore di casa vecchia, dove senz’altro abita un’anziana signora che spesso cucina, e i profumi della tavola si mescolano ai mobili, ai centrini, ai vestiti usurati. Questo odore mi fa trasalire quando lo sento, mi dà residenza ad un indirizzo che non è mio, non di oggi almeno.
 
Quell’odore denso e riconoscibile che sa di semplicità, di parsimonia, di casa buia durante i pomeriggi estivi e di silenzi spessi.
 
E riesco ad essere comodino che prende la polvere, una presina macchiata di fuoco appesa in cucina, un vestito da casa, una saponetta secca dimenticata in qualche cassetto; le undici e mezza del mattino al profumo di soffritto.
 
Non so cosa mi prende, ma io non sono più io e divento un oggetto, un’ora del giorno, un sentimento, un battito di un altro petto.
Mi ci vuole qualche passo per tornare in me, per rientrare nella mia carne. Anche se ormai ci ho fatto pace con il mio sparpagliarmi ovunque, senza più l’interesse di prendere i pezzi che lascio in giro. Sono le mie sentinelle, è il mio polline che resta a vagare.
 
E quando mi capita di desiderare di poter calmare questo mio cuore, amare con meno fame, annusare con meno sentire, accorgermi di meno cose, una parte parla e dice:
 
pensa che peccato vivere solo la propria esistenza.
 
Gloria Momoli