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Ormai mi è chiaro che chi non pratica l’umiltà non ha avuto il coraggio di incontrare la sua ombra più profonda.
Perché chi si è visto spezzarsi, non respirare, sbagliare ancora e ancora, esercitare un controllo da impazzire, arrendersi, riprendersi per i capelli, gridare fuori i demoni: non può non aver imparato – profondamente – da dove viene. Da lì, dalla terra, dall’humus, da dove nasce la parola umiltà: fertile e gentile. Lì dove si tocca il fondo e si scava, ancora. Lì dove si mettono le radici per le altezze, altimenti si è solo bandiere al vento della superficialità.
Perché dopo quello puoi solo inchinarti di fronte alla storia di ognuno, rispettare, onorarne le sfide e starvi accanto con onesta presenza. Baciarne le difficoltà e accarezzarne le paure.
E non è una gara a chi ha sofferto di più, non si pronunciano frasi mortificanti come “c’è chi sta peggio”. Qualsiasi sfida abbiamo incontrato, abbiamo toccato lo stesso suolo e siamo diventati sorelle e fratelli della stessa tribù.
Ognuno necessario con la sua ombra, ognuno necessario con la luce che da lì proviene.
Chi sminuisce non conosce. Chi si crede migliore sta solo fingendo una sicurezza mai conquistata, e priva di gentilezza.
Forza tribù.
Gloria Momoli